L'HABITAT ECOSPIRITUALE

Se si chiede ad un bambino di disegnare una casa, si può essere certi del suo prodotto finale: la tipica casetta di campagna con il tetto spiovente di coppi e la porta centrale con ai lati più o meno simmetricamente le due finestre. Il tutto circondato da un bel paesaggio bucolico.
L’immagine espressa sarà la stessa anche se l’autore dovesse vivere in un casermone di cemento che affaccia su di una superstrada.
Probabilmente ciò è dovuto al fatto che in questo modo il bambino esprime un archetipo, ossia un modello esperienziale e conoscitivo interiore comune a tutti gli individui.
Emerge con chiarezza la semplicità, la linearità e l’armonia della sua visione dell’esistenza che non si può certo esprimere con l’archetipo della “scatola di cemento”.
Ognuno di noi, infatti, sin dall’infanzia vive la speranza e la necessità di avere un ambiente in cui vivere che sia in stretto rapporto con la natura.
Eppure l’esperienza che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno ci riporta a una dura e triste realtà in cui al concetto archetipale della casa-rifugio immersa nella natura si è sostituita l’idea della casa-dormitorio, frutto del ritmo innaturale della vita di oggi e luogo di ritiro per ricaricare le energie necessarie a svolgere il proprio ruolo produttivo all’interno della società.
Ma è proprio questo il punto della questione: siamo poi così sicuri che nel modello di casa in cui oggi più o meno tutti viviamo ci siano gli elementi per ricaricare le proprie batterie?
In realtà dal modo in cui viene concepita e realizzata la dimensione abitativa comune sembrerebbe che essa abbia i presupposti per produrre un effetto contrario.
Può apparire paradossale, eppure l’analisi dei criteri e dei materiali impiegati mostrano un quadro dell’habitat in completa disarmonia con le esigenze dell’uomo del terzo millennio che sente invece la necessità di un recupero con l’ambiente.
L’antica concezione della casa intesa come riflesso e parte integrante della realtà globale che si vive, ed al tempo stesso estensione dell’individualità e della creatività, oggi sembrerebbe dimenticata.
I parametri che si utilizzano per costruire rispecchiano fedelmente i valori della società che li esprime, dettati innanzitutto da interessi economici e tesi ad un livellamento generale delle esigenze dell’individuo.
Questi indirizzi suggeriscono a chi costruisce l’impiego di materiali sintetici, economici, facili da porre in opera (ma di più facile deterioramento) a scapito di prodotti naturali più salutari ma, purtroppo, anche più costosi.
In quest’ottica ecco sorgere immensi complessi architettonici che con il loro aspetto orribile determinano un impatto ambientale devastante.
In questi edifici squallidi e colossali, l’individuo diventa semplicemente uno dei numerosi elementi anonimi che ne costituiscono l’insieme.
Ma non è solo sulla disarmonia delle forme esteriori che bisogna soffermarsi, bensì è importante sottolineare che anche lo spazio interno della dimensione abitativa ha perduto completamente ogni connotato di naturalezza. Una disarmonia evidente sia nella distribuzione dei volumi, che ormai non tiene assolutamente più conto del concetto di equilibrio tra vuoto e pieno, riflesso del rapporto dualistico esistente in tutte le manifestazioni della natura, che - ancora una volta - nella scelta dei materiali e nella realizzazione degli impianti domestici, che per rispondere alla logica del pragmatismo e del mercato seguono rigorosamente principi di risparmio di tempo e di costi.
Criteri del genere portano, ad esempio, ad utilizzare materiali isolanti sintetici e rivestimenti plastici che impediscono quasi del tutto il vitale scambio energetico tra casa ed ambiente esterno, molto più di quanto si possa immaginare.
Pensiamo ad esempio all’importanza per l’uomo dell’esposizione al magnetismo terrestre che determina il giusto orientamento dei poli delle cellule consentendone il regolare funzionamento.
Le strutture di cemento armato degli edifici moderni, o ancor più quelli totalmente realizzati in ferro, hanno la prerogativa di disturbare, influenzandolo, il naturale campo magnetico, con conseguenze patologiche facilmente immaginabili.
Un altro elemento fondamentale nell’edificazione di una abitazione consiste nella indagine del luogo su cui deve sorgere.
Sin da tempi remoti l’umanità aveva sviluppato la capacità di diagnosticare in anticipo la salubrità’ o meno di uno posto grazie all’applicazione di antichissime conoscenze, che oggi per altro stanno parzialmente riaffiorando con la riscoperta della geobiologia, della geomanzia e della radioestesia, discipline di ricerca purtroppo non riconosciute dallo scientismo moderno.
Spesso le nostre case vengono costruite su luoghi malsani, sia sotto un profilo atmosferico che - e soprattutto - sotto un aspetto energetico.
Ciò perché si ignora l’esistenza di uno stretto legame tra l’uomo e la natura; un legame che porta ogni essere vivente ad essere influenzato, ad esempio, dalle correnti telluriche del pianeta e dal ritmo e dalle variazioni dei campi elettromagnetici.
Si sente spesso parlare degli studi condotti dal prof. Hartmann intorno agli anni ‘50 e 60’ che misero in luce, fra lo stupore e lo scetticismo della comunità scientifica di allora, l’esistenza di una fitta rete di raggi tellurici che si propagano verticalmente a partire dal nucleo della Terra.
Le indagini rivelarono la capacità di questa griglia di influire sulla salute degli esseri viventi; gli incroci di tali muri energetici invisibili sono dei punti molto particolari in grado di apportare o risucchiare energia e possono essere amplificati dalla presenza di corsi d’acqua sotterranei, cavità o faglie. Sintomi come stress, apatia, stanchezza, disturbi psicosomatici, insonnia nei casi migliori, possono essere associati alla presenza di queste zone.
E’ opportuno quindi individuare l’eventuale presenza di questi nodi, o incroci, all’interno della propria abitazione poiché il soggiorno prolungato in loro prossimità comporta l’insorgere di patologie di varia natura. Si può parlare di un vero e proprio stress geopatogeno che nei casi più acuti è stato messo in relazione con la comparsa di tumori. Un esempio di come si possa, invece, convivere ed anzi utilizzare al meglio le forze telluriche ci viene mostrato dalle profonde conoscenze di antiche culture come quella dei Celti, in cui i loro sacerdoti, i mitici Druidi, avevano la capacità di saper individuare e canalizzare tali punti energetici.
Ma ancor prima di loro un altro misterioso popolo, a volte chiamato Popolo dei Megaliti, aveva lasciato traccia dell’antica scienza in grado di riconoscere le forze sotterranee del pianeta e in particolare i vortici energetici che si sprigionano da precisi punti. Gli enigmatici menhir eretti dal Popolo dei Megaliti diffusi in numerose parti della Terra, le piramidi, gli obelischi, i campanili, i minareti forse avevano ed hanno proprio lo scopo di individuare ed amplificare, come delle vere e proprie antenne, le energie provenienti dal cuore del pianeta.
Queste usanze e conoscenze testimoniano un’epoca remota della storia dove era molto presente la consapevolezza dello stretto legame tra uomo ed ambiente.
Per tornare ai nostri giorni sarebbe auspicabile, in quest’ottica, incoraggiare quelle discipline che fanno dell’intimo rapporto tra l’individuo e il mondo circostante la base dei loro principi.
La bioarchitettura, ad esempio, vuole offrire una prospettiva diversa del modo di concepire la progettazione e la realizzazione di un edificio, valorizzando i criteri ecologici e valutando con più sensibilità il suo impatto ambientale.
Quando siamo all’interno della nostra abitazione ci sentiamo al sicuro, isolati e protetti come nel grembo materno; in realtà, oltre allo stress geopatogeno di origine tellurica, risentiamo in misura notevole dell’influenza di campi elettromagnetici interni ed esterni; i primi provocati dagli elettrodomestici e dalle apparecchiature elettroniche, i secondi dalle vicinanze di ferrovie, ripetitori, antenne e centrali elettriche.
Da questi elementi si evince la necessita’ di non costruire mai nelle immediate vicinanze di campi elettromagnetici.
In sostanza abbiamo fatto una rapida carrellata sui criteri disarmonici con i quali si costruisce oggi, dovuti all’ignoranza o, peggio, alla mancanza di scrupoli di chi progetta e realizza le abitazioni; ci siamo soffermati un istante anche sui pericoli spesso gravi a cui siamo soggetti, ignari, durante il soggiorno nelle nostre case.
Rimane sostanzialmente da domandarsi: che fare allora?
Sarebbe auspicabile riuscire a spostarsi in una dimensione abitativa armonica ideale, all’aperto, in campagna lontano da fonti inquinanti, ecc., ma probabilmente per la maggior parte di noi ciò non è facilmente realizzabile.
Possiamo però provare a porre dei rimedi e migliorare la nostra situazione ambientale con una serie di accorgimenti molto spesso semplici da attuare.
Dalla schermatura degli impianti elettrici, al riposizionamento del letto, all’individuazione di eventuali nodi di Hartmann, all’impiego di sostanze naturali al posto di quelle artificiali, ecc.
Ma il punto focale della questione potrebbe essere un altro: acquisire una diversa concezione della casa che possa sollecitare in chi costruisce la sensibilità di farlo nel rispetto delle risorse e dell’assetto naturale dell’ambiente, prevedendo uno sviluppo compatibile con l’ecosistema.
Un’idea che porti, di riflesso, a considerare il proprio habitat non come un luogo dove consumare il proprio tempo, dove dare sfogo alle sterili mode lanciate dal business dell’arredamento, bensì come un elemento creativo, estensione della propria individualità. Potremmo definirla una dimensione abitativa ecospirituale, ossia frutto di un’applicazione del rapporto individuo-ambiente costruito alla luce di una ricerca di armonia interiore. Noi stabiliamo in ogni istante un rapporto intimo con la realtà che ci circonda, anche quando viviamo in casa, che è l’ambiente più immediato ed intimo che possiamo vivere. Per questo motivo la nostra dimora dovrebbe in qualche modo essere vissuta come un luogo che rifletta gli aspetti dell’esistenza, partecipativo e al tempo stesso interiore.
L’insieme della casa e degli esseri che la vivono non possono essere slegati da una dimensione ancora più vasta, quella in cui l’”organismo” così composto è parte integrante del pianeta che lo ospita. E, senza correre il rischio di cadere in definizioni fantasiose, forse sarebbe giusto considerare l’habitat in diretto contatto con l’intero universo.
Una piccola nicchia ecologica che vive in equilibrio all’interno di una realtà globale. In fondo non è casuale che l’uomo spesso divida il suo spazio con piante ed animali, circondandosi di quegli elementi che lo facciano sentire in costante contatto con una dimensione più vasta.
Egli cerca in questo semplice modo di riprodurre all’interno della sua dimora un punto di unione con la natura esterna.
In questo senso lo spazio interno della casa, oltre alla ricercatezza dell’estetica, che comunque di per sé non guasta, e alla creazione di zone dedicate alla vita sociale dovrebbe prevedere un luogo per sé, un posto che si riconosca come il proprio, in cui ci si senta bene, a proprio agio, tonificati.
Uno spazio in cui potersi rilassare, meditare, fermarsi in silenzio ad ascoltare quella parte di noi che ci ricorda il rapporto individuale con l’esistenza: insomma un angolo di spiritualità.
Purtroppo non è un’esigenza molto sentita, e questo è anche frutto della cultura corrente che ci induce a privilegiare la logica funzionalità degli spazi.
E’ invece probabile che quel luogo “apparentemente inutile” con il tempo si dilati a tutto il resto dell’ambiente casalingo rendendolo un luogo che induca naturalmente al silenzio interiore.

Marco Pulieri