LA COMUNITÀ VEGETALE

In tempi remoti, all’origine della manifestazione della biosfera terrestre, l’intera superficie di questo mondo era ricoperta interamente da rigogliose foreste che continuavano ininterrotte per ogni dove, arrestandosi solamente ai bordi dei mari primordiali.
Le piante furono le prime forme di vita che comparvero e si affacciarono nell’atmosfera della Terra, a cui seguirono le successive forme di vita che fecero loro compagnia nel comune transito siderale, in caduta libera nel buio dello spazio.
Oggi la comunità vegetale rappresenta la forma più antica di vita del pianeta. Le piante sono dotate di una loro particolare e variegata forma di intelligenza, come dimostrano numerosi studi in materia. Esseri tuttavia misteriosi e suggestivi nella loro apparente inacessibilità comunicativa.
Questa constatazione porta a valutare che, oltre a salvaguardare la vita degli animali non umani, problema che oggi viene preso in considerazione per merito di una sensibilità nascente della cultura laica, si dovrà sollecitare una maggiore attenzione a queste forme di vita anch’esse generate da Madre Terra.
Cosa possiamo fare? Occorre dare rispetto alla comunità vegetale esistente, abolire il commercio dei fiori recisi, abolire la deforestazione, favorire la formazione di santuari arborei sul pianeta. E altro ancora che possa tutelare queste creature, anch’esse parte imprescindibile della biosfera del pianeta.
Purtroppo gli animali umani si sono ritrovati a convivere con il problema della loro necessaria alimentazione orientandosi alle risorse vegetali per evitare la sofferenza animale. In questa prospettiva è difficile districarsi nelle scelte morali. Nell’attesa di una forma di evoluto “simil food” di natura molecolare si può pensare di fare il minor danno possibile alle piante, vere e proprie forme di vita con cui conviviamo. Del resto le piante, abituate a convivere con i predatori mammiferi, si sono adattate nel rilasciare il loro fogliame e i propri frutti senza essere eccessivamente danneggiate. Le tradizioni antiche e le scoperte moderne invitano a rispettare le loro radici considerate come sede dei maggiori processi consapevoli.
Le piante, tutto sommato, al di là delle grandi e impietose deforestazioni, sono lasciate quiete sui loro siti senza essere coinvolte in una dolorosa violenza programmata e continua. Nella quotidianità invece, purtroppo gli animali cosiddetti “da reddito” sono considerati niente più che “materiale da lavorazione”, cavie da usare per cruenti esperimenti di vivisezione, fonte di cibo e altri tipi di sfruttamento in ogni occasione e in ogni istante.
Pertanto il problema che riveste la questione animale nel suo immediato rimane non rimandabile e deve essere affrontata come una priorità assoluta, poiché si presenta con maggiore e inequivocabile urgenza.
La sofferenza degli animali nei circhi e nei mattatoi non può più essere ignorata, e sull’immediato si può proprio cominciare da questo problema per ribaltare il luogo comune attuale, barbaro e patriarcale, portando a sensibilizzare il vasto pubblico al valore della vita per ritrovare l’armonia perduta di questo mondo. Un primo passo, urgente e non più rimandabile, che porterà inevitabilmente ad interrogarsi anche sulla condizione delle altre forme di vita affratellate a noi sul pianeta, ossia il regno vegetale.
Oggi, affrontare il problema dell’animalismo e dell’antispecismo, oltre che per una innegabile motivazione etica, può costituire una tematica apripista per sollecitare l’attenzione del pubblico ai bisogni e ai diritti dell’altra vita che esiste accanto agli animali umani, utile per raggiungere un futuro obiettivo globale di armonia su tutto il pianeta.
Senza tuttavia dimenticare gli animali umani che, inconsapevolmente, sono anch’essi soggetti alla schiavitù della cosiddetta stirpe dei “figli di Caino”, termine che è stato usato per rappresentare quella parte di umanità che non si fa scrupoli ad usare persone indifese, utilizzandole impietosamente per i loro scopi produttivi e sessuali.

Dal libro “Tutti Figli di Madre Terra” di Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro – Edizioni Triskel