LA MEDITAZIONE, IL FRUTTO PROIBITO
DELL'ALBERO DELLA VITA

di Giancarlo Barbadoro


I Tarocchi, il Libro segreto dei saggi dell'antico Egitto - La dottrina della Qabbalah e l'Albero della vita - Il mistero dell'En Soph - Il principio ternario dell'Adam Khadmon, l'Uomo cosmico - La meditazione e l'Albero della vita interiore


Si è detto più volte che le lamine dei Tarocchi potrebbero essere le pagine di un antico libro segreto che giunge dall'alba dei tempi, dalle mitiche origini dell'umanità. In effetti questa è stata la tesi cara a ricercatori dello spirito come Court de Gebelin, Papus e Wirth seguiti da molti altri esoteristi di ogni tempo che hanno cercato nel mazzo di carte dei Tarocchi i valori di una conoscenza metafisica in grado di rispondere ai grandi quesiti dell'uomo.
I Tarocchi suscitano sensazioni che vanno al di là della semplice aspettativa. Le immagini che compaiono su ciascuna delle sue lamine e la natura stessa dei soggetti raffigurati impongono l'intuizione di trovarsi di fronte a qualche cosa che sfugge alla dimensione dell'ovvio. E' inevitabile che, prima o poi, chi usa i Tarocchi per divinazione o per il gioco sviluppi l'intima sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di magico e di profondamente misterioso che trascende il piano dell'ordinario.
Oggi si crede sempre più diffusamente che le lamine dei Tarocchi contengano effettivamente la conoscenza segreta degli antichi egizi, sopravvissuta nel tempo per giungere sino a noi occultandosi proprio attraverso il suo ruolo di gioco di carte. In questo modo avrebbe eluso i curiosi e si sarebbe sottratta dall'interdizione delle inquisizioni religiose.
Si ritiene infatti che il suo messaggio sia così rivoluzionario e in antitesi con le credenze religiose illiberali e i poteri oscurantisti, che se questi si fossero accorti del suo potenziale conoscitivo avrebbero provveduto ad impedire che il gioco si diffondesse come è invece accaduto.
Oramai i Tarocchi sono diventati un mazzo di carte comuni tra le tante versioni di altri mazzi di carte da gioco, tanto che oggi se il potere religioso dovesse censurarli avrebbe serie difficoltà a giustificare il proprio gesto dovendo attribuirgli una singolarità sino ad oggi sconosciuta alle masse.
L'ipotesi che i Tarocchi possano rappresentare qualcosa che va al di là della loro funzione di gioco viene avvalorata da una serie di prove e considerazioni.
Dall'alba dei tempi l'uomo ha cercato di capire la natura e il significato dell'esistenza in cui stava vivendo, giungendo a paragonarla ad un sogno vissuto in un sonno misterioso. E, proprio da questa condizione di sonno, egli comprese che era necessario svegliarsi per accedere alla vera realtà dell'Assoluto per trovare finalmente pace e un posto preciso nel grande caos dell'universo dei sentimenti e degli eventi.
L'uomo scoprì la meditazione e i grandi processi dell'ascesi interiore. Da questa esperienza nacquero i primi cerchi sciamanici che guidarono l'umanità verso il mistero di Dio. Nacque nel cuore dell'umanità il significato e l'opera della Tradizione.
Di essa conosciamo il riflesso storico della sua manifestazione nell'epopea dei grandi miti, nella cultura del megalitismo che ha lasciato tracce su tutto il pianeta e nelle grandi religioni del passato e di quelle che continuano ad esistere nel nostro tempo.
Proprio attraverso la testimonianza offerta dalle religioni sopravvissute alla storia possiamo comprendere che i Tarocchi non sono solamente un gioco, ma rappresentano la manifestazione di una scienza spirituale ben precisa e antica quanto l'umanità.
Le religioni attuali sono le eredi di una conoscenza più antica ed elitaria sul piano della ricerca spirituale. Oggi esse rappresentano la manifestazione essoterica, destinata alle masse, di una conoscenza esoterica segreta riservata a pochi e veri interessati alla realizzazione spirituale. Per questo motivo molte religioni conservano, nei loro riti e nelle loro metafisiche, elementi comuni e importanti della scienza dello spirito che possono essere recuperati alla loro origine primigenia e restituiti all'umanità nel loro effettivo significato esoterico.
Anche i Tarocchi, come per il culto della Vergine o per il rito eucaristico, hanno origine nella memoria della Tradizione. Più precisamente, per parte loro, i Tarocchi hanno un posto privilegiato nel Gran Sistema Iniziatico della stessa Tradizione. Possiamo ricordare come il numero delle lamine dei Tarocchi sia identico a quello delle lettere dell'alfabeto sacro dello shannar primigenio e di altre lingue religiose così come è la base di vari testi sacri, come ad esempio quelli della Bibbia. Sono presenti anche come i frutti simbolici dell'Albero della vita e costituiscono gli elementi portanti della ruota cosmica della medicine wheel degli indiani d'America.
Conoscere questo Gran Sistema Iniziatico significa approfondire le proprietà dei Tarocchi non solamente sul piano della divinazione, ma anche ottenere una percezione metafisica superiore dell'universo ordinario. Il Gran Sistema Iniziatico rappresenta un elemento importante della Tradizione poiché rispecchia la sua identità esperienziale e la sua operatività alchemica. Ad esso si riferiscono gli esoteristi e i Grandi Misteri praticati dalle religioni.
Tra le svariate forme con cui esso si manifesta nella storia possiamo prendere in esame la dottrina della Qabbalah ebraica. Dottrina che è alla base della struttura religiosa ed esoterica dell'ebraismo e che mostra in tutta la sua evidenza i tratti essenziali della conoscenza esoterica della Tradizione. Una dottrina di più facile accesso di quella dell'antico Egitto da cui proviene, ma, al contrario di questa ancora viva e quindi di più facile lettura e interpretazione.
La Qabbalah, che letteralmente vuol dire "tradizione", si riferisce apertamente ad una conoscenza segreta che è considerata antica quanto l'umanità. E in effetti la sua origine storica, come si è detto, va ben più in là della cultura del popolo di Israele. Essa era già conosciuta con altro nome presso le civiltà della Mesopotamia i cui sacerdoti le attribuivano una origine divina affermando che erano stati gli angeli discesi dal cielo ad insegnarla agli uomini.
Certamente apparteneva alle conoscenze dell'antico Egitto e Mosè, quale principe egiziano e membro della casta dei sacerdoti, molto probabilmente ebbe occasione di approfondirla e di trasformarla in un elemento proprio della cultura ebraica. Ed è proprio a Mosè che si attribuisce l'origine della dottrina della Qabbalah ricevuta, secondo la tradizione ebraica, da Dio sul Monte Sinai in uno dei templi megalitici che sorgono sulla sua cima.
La dottrina della Qabbalah si incentra su due libri: lo "Sepher Yetzira", ovvero il Libro della creazione, e lo "Sepher ha Zohar", il Libro dello splendore. Vale la pena di approfondire l'enunciato filosofico di questi due testi fondamentali dell'esoterismo della Qabbalah per comprendere l'orientamento metafisico e operativo della sua dottrina.
Il primo di questi due libri, lo Sepher Yetzira, rappresenta la base dell'esperienza mistica e magica della Qabbalah. Esso porta ad un rapporto del tutto particolare con l'Assoluto e con gli strumenti a disposizione dell'uomo per potervi accedere. In sintesi lo Sepher Yetzira afferma che Dio non è lontano dall'uomo e che attraverso la meditazione contemplativa si può giungere all'esperienza particolare dell'estasi che porta a contatto con Dio. Una contemplazione complessa che è articolata prima sulla manifestazione dell'opera divina e poi sullo stesso nome di Dio. Metodologia che riecheggia quella praticata dai monaci della Chiesa ortodossa e dai Sufi islamici.
Lo Sepher Yetzira dice che la creazione del mondo è subordinata alla manifestazione di dieci Sephiroth, le emanazioni di Dio che sono comprensibili all'uomo, e al significato delle ventidue lettere dell'alfabeto sacro. Questi ulteriori enti rappresenterebbero delle forze inafferrabili attraverso le quali, usando più combinazioni, è possibile dominare e comprendere l'universo. I nomi dei ventidue elementi possono essere addirittura usati come parole di potenza attraverso le quali dominare gli eventi naturali e le vicende umane. Al contrario di quest'ultimo, il Sepher ha Zohar, pur ripercorrendo il sentiero filosofico del primo si presenta meno misteriosofico e manifesta una dottrina più razionale e compiuta. Innanzitutto anche quest'ultimo ribadisce che esiste un grande Segreto nell'esistenza dell'uomo e dell'universo, l'Assoluto-Dio, a cui l'uomo può accedere realizzando contemporaneamente il significato della propria esistenza.
Il Sepher ha Zohar ribadisce che esiste un principio assoluto e segreto, l'En Soph, inteso come l'Infinito, non percepito e inconoscibile agli uomini, ma che interagisce egualmente con essi.
L'En Soph rappresenta un Ente misterioso e fuori da ogni possibile comprensione da parte dell'uomo, ma che è comunque attivo e presente nell'universo. Anche lo Sepher ha Zohar dichiara che esso è esprimibile attraverso i dieci Sephiroth, che rappresentano i suoi attributi esperienziali comprensibili dall'uomo, ma afferma che comunque la sua reale natura è sempre al di fuori della loro stessa rappresentazione simbolica.
L'En Soph può essere interpretato dagli uomini con l'idea di Dio e può essere anche antropomorfizzato per esprimerlo in una forma simbolica comprensibile, ad esempio citando "la mano di dio" per definire una azione che ha origine divina, ma comunque mantiene la sua natura trascendente ed è fuori dai valori del mondo degli uomini.
Tuttavia l'En Soph può essere percepito nelle brecce dell'ordinario. Ogni volta che c'è una trasformazione della realtà quotidiana, o quando una situazione stabile è alterata, l'Assoluto diviene visibile per un mistico istante passeggero. Lo sciamanesimo solare ci parla con chiarezza del caso dei Fad, le esperienze che portano l'attenzione dell'uomo a guardare oltre il sogno illusorio del quotidiano per intuire la presenza della realtà dello Shan, la natura reale dell'universo in cui viviamo e di cui siamo parte.
Lo Sepher ha Zohar afferma che l'uomo ha la possibilità di sviluppare sul piano personale un rapporto intimo con l'En Soph. In proposito viene detto che all'interno dell'Assoluto esistono due mondi che sono identificabili con l'esperienza della dimensione umana: il mondo manifesto, il nara della tradizione solare, in cui si identifica la dimensione ordinaria vissuta dall'uomo e il mondo nascosto, che nella cultura solare viene definito come il mondo della matchka. L'uomo si dibatte in questi due contrapposti tra ragione e superstizione credendo di volta in volta di trovare una risposta ai propri problemi esistenziali che lo riconducono fatalmente in uno delle due dimensioni. Ma l'uomo non è prigioniero di questi due mondi poiché egli partecipa alla realtà assoluta dello En Soph e può raggiungerlo secondo proprio bisogno.
Lo Sepher Yetzira dice che esiste una unità tra micro e macrocosmo, cioè tra l'uomo e il cielo, e che tutto l'universo nella sua globalità evolve verso l'esperienza dell'Adam Khadmon, un concetto metafisico di Uomo cosmico che trova la sua identità e senso della propria esistenza nella realtà assoluta dell'En Soph.
Proprio l'uso dei dieci Sephirot consente di realizzare questa esperienza. Nel Gran Sistema Iniziatico, proposto nella chiave interpretativa della Qabbalah, essi sono rappresentati in tre gruppi di tre Sephirot ciascuno e rappresentano le tre esperienze di esistenza che sono vissute dall'uomo sul piano della sua dimensione individuale: il mondo della coscienza, il mondo dei sentimenti e il mondo della natura.
Lo Sepher ha Zohar dice che Dio, dopo aver tratto dal nulla l'intero universo, ha dato vita a ventidue archetipi di esistenza che, uniti in varie combinazioni tra di loro, hanno creato in seguito tutte le manifestazioni possibili di ciò che esiste nell'universo. Pronunciando il nome delle ventidue lettere dell'alfabeto sacro, messe nel loro giusto ordine, ha quindi concesso all'universo di poter evolvere sino alla comparsa dell'uomo. E' per questo motivo che oggi ogni uomo, che è unito naturalmente alla natura dell'En Soph, può attivare interiormente il potere immenso della Creazione avvalendosi dell'uso dei ventidue archetipi. Per tale motivo l'uso e la conoscenza dei Tarocchi apre alla conoscenza dei segreti dell'esistenza per migliorare la propria condizione, conoscere gli altri e il significato dell'universo.
Gli enunciati metafisici del Sepher Yetzira e del Sepher ha Zohar si esprimono ancora più con chiarezza nel mandala cosmico dell'Albero Sephirotico, che in definitiva rappresenta il Gran Sistema Iniziatico della Tradizione interpretato dalla prospettiva qabbalistica.
L'Albero Sephirotico, lo Otz Chiim in ebraico, riecheggia simbolismi paralleli degli antichi misteri egizi, come l'albero sacro del Djied, ed è l'ottimale rappresentazione simbolica del mistero di vita vissuto dall'uomo nell'esistenza.
Esso è costituito dalla schematizzazione di un albero simbolico che manifesta le proprietà dell' Albero della vita disegnato sulla struttura ternaria costruita con l'apporto dei dieci Sephirot che costituiscono le sue fronde e creano l'immagine dei tre piani di evoluzione dell'Uomo cosmico, l'Adam Khadmon, che evolve nel senso della stessa evoluzione in tutto l'universo. Ventidue segmenti poi, come rami di un vero albero, collegano e creano la struttura portante di tutto lo schema.
Il simbolismo dell'Albero Sephirotico manifesta un principio duale: da una parte vuole rappresentare l'aspetto passivo dell'universo, la sua struttura portante che obbedisce a leggi fisiche incontrovertibili, dall'altra si riferisce alla manifestazione del principio dell'evoluzione che anima l'intero universo in una prospettiva molto particolare.
Infatti nell'Albero della vita proposto dalla Qabbalah l'universo viene inteso come la dimensione in cui avviene la grande opera alchemica che è in grado di trasformare la materia inerte nello stato straordinario della coscienza. Ci riporta all'innegabile cammino filologico dell'universo che ha visto la trasformazione della materia stellare primordiale in pianeti e stelle e quindi poi in vita biologica e intelligente.
Nella dottrina della Qabbalah l'Albero della vita viene a sovrapporsi al concetto simbolico dell' Adam khadmon, l'Uomo cosmico, che a sua volta si fonde con l'universo stesso nella sua condizione di ente in evoluzione.
In questo modo, la dottrina della Qabbalah, riflettendo gli insegnamenti e la conoscenza del Gran Sistema Iniziatico della Tradizione, mostra il percorso evolutivo che è possibile all'uomo. Quest'ultimo è descritto come un prigioniero, inconsapevole, delle dimensioni dei sensi e dei sentimenti. Una creatura dormiente e non completa che ignora o mitizza, senza mai giungervi, la condizione della coscienza spirituale.
La dottrina della Qabbalah indica nel risveglio interiore la soluzione di questo problema. Se l'uomo non ha chiarezza dell'esperienza ternaria, che vive in ogni caso nonostante la sua ignoranza, e non supera l'illusione dei sensi e dei sentimenti, giunge a privarsi delle possibilità che sono proprie del piano della coscienza. Infatti solamente dopo aver raggiunto questo piano di esperienza egli può realizzare la piena coscienza dell'En Soph. Prima di questo ha solo l'illusione di realizzare la conoscenza di Dio attraverso le sue aspettative personali o l'ignoranza superstiziosa delle religioni.
Partendo dal basso dell'Albero della vita, il Mago, o meglio lo shamano, può accedere alla conoscenza totale secondo le indicazioni espresse dal simbolismo della struttura stessa: l'atto catartico che porta all'ascesi spirituale, l'uso dei dieci sephirot, l'equilibrio tra gli opposti e il percorso dei ventidue sentieri.
Come il Mago della Qabbalah, anche l'operatore dei Tarocchi che ha intuito la magia che nascondono le sue pagine segrete può utilizzare il suo rapporto di conoscenza con le ventidue lamine per iniziare l'opera alchemica che lo può portare a partecipare al segreto dell'En Soph, dello Shan.
E' sufficiente che si renda disponibile a interiorizzare il profondo messaggio di conoscenza che esprime il mandala cosmico dell'Albero della vita e si prepari a rendere concreta la precisa proposta operativa che esso può indicare.
Poco alla volta si aprirà una breccia nell'ordinario e tutto gli diventerà chiaro e semplice. Egli si trasformerà senza esitazioni in Maestro di se stesso, pronto a risalire lungo le immensità del mistero dello spirito per giungere alla risposta di ogni suo quesito in un abbraccio di conoscenza e di amore con l'Assoluto.
Non gli rimarrà allora che sedersi in postura e iniziare la propria esperienza della meditazione per far crescere l'Albero della vita che è latente in ciascuno di noi.

NEC news ottobre 94