NEL CERCHIO SACRO
DELLA MONTAGNA DEGLI DEI

di Giancarlo Barbadoro


Nell'esperienza storica e spirituale dello sciamanesimo solare si identifica il concetto di tradizione. Un complesso di conoscenza, riti e simboli, opere e cultura, che è l'anima intima dell'umanità.
Lo spirito profondo e segreto dello sciamanesimo solare accompagna l'uomo dalla notte dei tempi e continua sino ad oggi, in una percezione cosmica dell'esistenza che è posta al di sopra dalle interpretazioni della storia e dalle latitudini geografiche, in un continuum esperienziale che si identifica nel rapporto integrativo tra l'uomo e la natura segreta dell'esistenza.
Lo sciamanesimo solare ha espresso, ed esprime tuttora, questa identità cosmica nell'esperienza della meditazione come riferimento e strumento per l'ascesi spirituale di ciascun individuo che desideri rispondere al richiamo interiore del trascendente. E oggi la sua vitalità consente di continuare a proporre tale esperienza per coloro che cercano una reale armonia interiore.
Ma di esso ci sono aspetti suggestivi di cui non si parla spesso quanto si dovrebbe e che rivelano la magia particolare che esso stesso riveste e esprime.
Lo sciamanesimo solare ha origine con l'origine stessa dell'uomo, in ere lontane dal nostro tempo e dimenticate dalla storia, ma che non sono andate perdute e che si nascondono dalla corruzione della storia ordinaria dietro i segreti del mito. Giustamente l'esoterismo degli aborigeni australiani ha definito questo evento nella dimensione protostorica dell'Alcheringa, del Tempo del Sogno, ovvero del Dream Time così come la letteratura specializzata lo ha fatto conoscere.
Quando nacque lo sciamanesimo solare, l'uomo non aveva l'attuale forma che conosciamo oggi, anzi avremmo avuto difficoltà a considerarlo nostro progenitore, e si distingueva per tale solamente per la scintilla di eternità che egli possedeva.
In quel magico tempo eventi straordinari portarono ad una spinta catalizzatrice, alla sua evoluzione, e lo sciamanesimo solare prese contemporaneamente ad evolversi su un preciso cammino che lo ha condotto sino a noi, nel nostro tempo, e lo porterà ancora oltre verso nuove frontiere della futura evoluzione umana.
Che cosa sia accaduto e di cosa si stia parlando lo si può capire solamente rivolgendoci, come si è detto, a quanto il mito è in grado di rivelarci attraverso una sua possibile esegesi.
Una antica leggenda greca narra della disgraziata avventura di Fetonte, il figlio del dio Sole, che, dopo aver chiesto inutilmente al padre il permesso di usare il carro solare, se ne impadronì ugualmente di nascosto per fare una corsa in cielo. Purtroppo, non essendo capace a guidarlo come il padre, salì troppo in alto e ne perse il controllo sino a precipitare giù dal cielo e quindi schiantarsi al suolo, uccidendosi. La tradizione greca volle che il luogo dove sarebbe avvenuto il tragico evento si trovasse in un sito posto alla confluenza di due fiumi e precisamente nella valle di Susa accanto alla quale millenni più tardi sarebbe sorta la città di Torino.
Sul significato di questa leggenda, per evitare di dare una troppo personale interpretazione, possiamo ricorrere a Platone. Nel suo Timeo questi scrive a proposito di una curiosa conversazione tra due personaggi simbolici. Uno dei due è Solone, un greco che svolge il ruolo di interprete dell'opera in questione, l'altro e ' invece un sacerdote dei misteri egizi con cui si è incontrato in Egitto. Ed è proprio quest'ultimo che dà una interpretazione chiarificatrice del mito di Fetonte. Il sacerdote egizio dice infatti testualmente: "O Solone, voi greci siete come bambini, dimenticate in fretta...... Ad esempio, Fetonte di cui parlate nella vostra leggenda non è altro che uno dei corpi celesti che viaggiano intorno alla Terra tra questa e il Sole e che di tanto in tanto cadono su di essa provocando sventure e distruzione.........Dopo di che voi dimenticate, ricostruite senza più conoscere le vere radici della vostra storia".
La precisazione esegetica di Platone, fatta dire per bocca dell'anonimo sacerdote egizio, sembra essere molto chiara circa la natura del contenuto dell'antica leggenda greca. Dando credito a questa interpretazione ante litteram non si può fare altro che prendere atto come, in tempi remoti e precedenti alla cultura ellenica, un oggetto celeste di considerevoli dimensioni, come un meteorite o altro, sia caduto nel nord-ovest della nostra penisola provocando una considerevole alterazione dell'ambiente, tanto da essere ricordata nei millenni successivi e accostata ad un evento divino per l'imponenza della manifestazione.
Oggi, nell'area geografica in questione, non sembra che si possano rilevare tracce evidenti di un cratere meteorico di tali dimensioni. Del resto è anche comprensibile poiché la caduta dell'oggetto celeste sarebbe avvenuta in epoca remotissima e i successivi eventi geologici possono aver sicuramente trasformato la morfologia orografica dell'ambiente. Tuttavia alcuni geologi affermano il contrario. Secondo le loro indicazioni il cratere esiste e si può vedere, anche se solo più in parte. Infatti se si osserva dall'alto il monte Musiné, una elevazione che fa da sentinella sulla Valle di Susa che inizia proprio di fronte a Torino, si ha l'impressione di vedere una conca che può rappresentare i resti di un cratere da impatto provocato dalla caduta del bolide celeste in questione. Una conca gigantesca molto simile, ad esempio, a quella del Meteor Crater in Arizona, negli Stati Uniti. Gli esperti precisano che ora si può vedere solamente una parte del cratere poiché, millenni or sono, è stato tagliato a metà dal fronte morenico che ha modellato la Valle di Susa e che ha creato a molti chilometri, oltre Torino, un complesso collinare.
Se effettivamente il fatto avvenne in questa area geografica, la caduta dell'immenso oggetto celeste fu certamente un evento che non passò inosservato agli eventuali "uomini" del tempo. Anzi senz'altro dovette lasciare un segno culturale tra le popolazioni locali di allora, del resto sempre attente, come tutti i popoli primitivi della terra, ai segni del cielo. Il che porta a considerare che, se a quel tempo c'erano testimoni in grado di osservare il fenomeno e di trasmetterlo ai posteri attraverso la formula del mito, dobbiamo necessariamente anticipare, e di molto, la comparsa dell'uomo sul nostro pianeta. All'epoca dei grandi sauri se non prima....
In ogni caso, l'impatto del corpo celeste fu certamente un evento inconsueto, terribile e comunque tanto straordinario da generare probabilmente una vera e propria tradizione religiosa e culturale che si sarebbe protratta nei secoli a venire. Una ipotesi che sembra essere confermata dalla stessa esistenza del mito che raccolse la cronaca dell'evento, e si occupò di trasmetterlo attraverso i millenni per assolvere a qualche preciso scopo di una qualche precisa tradizione.
Antiche leggende nordiche narrano dell'esistenza in questi luoghi del grande Tempio del Sole, realizzato dalle popolazioni locali e dai pellegrini che erano convenuti in questi luoghi dopo la caduta dell'oggetto celeste, che avrebbe custodito le preziose reliquie di un dio disceso sulla terra per insegnare agli uomini le scienze e le arti.
Queste leggende parlano anche di un grande oggetto celeste rinvenuto nel luogo della caduta del dio, una sorta di "trono divino", fatto interamente di oro, da cui forse l'associazione con l'aspetto solare e, quindi, la nascita del mito della caduta del carro del dio Sole. Alcune di queste leggende raccontano inoltre che dall'oggetto precipitato sulla terra venne prelevato del materiale per fonderlo e ricavarne un grande disco di oro massiccio.
In queste narrazioni ci par di cogliere un' eco lontana in quanto sembra accadde addirittura ai nostri antipodi, in Cina; il "Testo delle cronache antiche" narra infatti di un dio sceso dal cielo per insegnare agli uomini la conoscenza. Questa creatura aveva carri che non avevano bisogno di traino e di ruote e si faceva aiutare da servitori fatti di metallo. Una figura non poi tanto sconosciuta dai greci, che qui sembrano essere il crocevia di varie conoscenze dell'antichità, poiché anche Omero nella sua opera parla del dio Vulcano che si faceva aiutare da servitori interamente costruiti di metallo e ricoperti di oro massiccio.
Gli uomini di quei tempi, grazie alle conoscenze che acquisirono dopo la "caduta del dio", costruirono un tempio solare di inaudite proporzioni, circondato da triple cerchie di pietre giganti e orientato verso il sorgere del sole. Un'opera che sarebbe rimasta in piedi per millenni a testimoniare un evento e una precisa cultura.
Secondo le antiche narrazioni, all' arrivo dei vari popoli invasori, per ultimi i romani, il tempio sarebbe stato distrutto dagli stessi sacerdoti che vi officiavano al fine che non venisse profanato. Costoro avrebbero celato quindi le sacre reliquie, compresa la gigantesca ruota d'oro di almeno due metri di diametro, in un altro maestoso tempio ricavato in grandi cavità naturali esistenti nel sottosuolo vicino all'immenso cratere. Con il tempo, intorno a questi oggetti sacri si sarebbe creato un vero e proprio culto misterico più segreto e rivelato a pochi e selezionati iniziati che avrebbero svolto nei secoli il ruolo di silenziosi custodi. Si dice che il tempio segreto esisterebbe ancora oggi e si estenderebbe sino sotto l'attuale pianta della città di Torino, dove ben nascosti ingressi e passaggi segreti ne consentirebbero ancora l'accesso. Di qui, probabilmente, l'origine del mito che vuole Torino una città magica per eccellenza.
A dare ascolto alle antiche tradizioni l'importanza di questo tempio dedicato al culto solare fu indubbiamente significativo per i popoli dell'antichità. Scritti di studiosi di fine ottocento delle antiche tradizioni piemontesi citano in proposito la testimonianza di pellegrini che giungevano da varie parti della terra per rendere omaggio ad un culto misterioso che esisteva nel cuore della valle di Susa: parlano di eroi nordici, di un principe egizio giunto in questi luoghi alla ricerca del bue Api, altro simbolo del dio sole. Non mancarono gli iniziati del druidismo e i sapienti provenienti dall'India. Secoli più tardi, molto più vicini alla nostra storia, una tribù dei celti, quella dei sanniti, che, nell'interpretazione filologica di altri studiosi dell'ottocento, sembrava volesse riferirsi alla parola arcaica di Shannah "il popolo della vera luce", venne a stabilirsi in questa valle. I sacerdoti di questo popolo venivano con l'intenzione di ricostruire l'antico tempio solare in cui poter celebrare i riti magici necessari per l'attivazione cosmica di Gaia, la madre terra, e del loro potere personale interiore. Sembra che questo luogo, da loro considerato sacro, fosse visto come l'ombelico del mondo che univa e aveva generato in tempi arcaici l'uomo dall'universo.
A questo punto viene da pensare che se è effettivamente avvenuto qualche cosa di particolare e di straordinario in questa zona di pianeta, tale da modificare la vita delle popolazioni locali e capace di dare il via ad una tradizione religiosa che aveva riflessi su tutto il pianeta, deve aver lasciato necessariamente anche degli echi e delle manifestazioni concrete nel nostro tempo.
In effetti tutta la zona che comprende la valle di Susa e il luogo su cui sorge Torino è a tutt'oggi investita di un certo spirito esoterico che altrimenti non si riuscirebbe a spiegare. La città stessa è una straordinaria sede di intensa vita culturale, non molto interessata a quella ufficiale del quotidiano ordinario, ma presente in forma attiva e operante sul piano di una ricerca personale sul senso della propria esistenza. Gruppi magici, esoterici e ufologici, almeno quelli che non sconfinano oltre il ragionevole, fanno di Torino un simbolo del tutto particolare del privato, accanto alla Torino dei complessi industriali e delle lotte di massa.
La Valle di Susa sembra essere la più idonea ad esprimere la dimensione di mistero che si riflette su questi luoghi. Serbatoio inesauribile di tradizioni contadine, sede di antichi culti del fuoco e di qualche sopravvissuto rito druidico, è in grado di offrire un panorama interessante ed inquietante di un "altro" Piemonte, conosciuto a pochi e ignorato dai media ufficiali.
Una vasta zona della valle, che va da Torino a Chianocco sino alla Sacra di S. Michele, sembra circoscrivere meglio il punto focale delle vecchie e delle nuove credenze. In questo triangolo, secondo le vecchie tradizioni locali, rivalutate da archeologi del secolo scorso, sarebbe stata edificata cinque-settemila anni avanti Cristo la mitica città di Rama. Una città ciclopica che non aveva nulla da invidiare nei confronti delle vestigia di Machu Pichu, di Tihauanaco e di Bretagna.
Le narrazioni raccolte hanno evidenziato aspetti indubbiamente suggestivi. Esse raccontano di un popolo di pelle scura che sarebbe giunto da oltre l'oceano atlantico per stabilire la loro dimora nella valle. Le mura della città che costruirono erano di dimensioni gigantesche, alte decine di metri, raggiungevano e chiudevano l'intera valle in un solo complesso urbano.
I suoi abitanti erano descritti dalle popolazioni della valle di quel tempo come dei maghi che possedevano conoscenze misteriose e che scavavano incessantemente nelle viscere del Musiné per qualche motivo che conoscevano solo loro. Si racconta anche che possedevano farmaci in grado di vincere qualsiasi malattia e che erano in grado di difendersi con la forza del fulmine. Quando la terra di origine di questo misterioso popolo nero, forse la mitica Atlantide, scomparve, la città di Rama fu abbandonata. Rimasero delle scuole esoteriche di tipo contadino e di tipo metallurgico che si prefiggevano di dare una loro continuità popolare alla scienza dei signori di Rama.
I palazzi e le possenti mura della città furono progressivamente abbattute dalle culture pagane e poi cristiane che si affacciavano sulla valle, trasformate in una inaspettata e gigantesca cava di pietra pregiata. I blocchi che le costituivano furono smembrati dal complesso megalitico, come accadde per i monumenti dell'antica Roma e per i marmi che rivestivano le piramidi, per essere destinati alla costruzione dei monumenti e dei fortilizi del nuovo potere che andava comparendo.
Rimase più o meno intatto sino al primo medioevo un modesto segmento delle mura di Rama. Utilizzato dai signori della guerra del tempo per controllare il transito nella valle, diede origine al nome di un borgo della stessa valle, la Chiusa di San Michele. Poi anche questa ultima vestigia fu inghiottita e smembrata per finire nell'anonimato della storia, livellata dal cristianesimo dominante dell'epoca.
Oggi rimangono solo pochi rari segni della presenza di Rama, qualche tempio di tipo megalitico, molte "ruote solari" nella forma della proto croce celtica e comune presso le popolazioni pellerossa nordamericane come "medicine wheel", strani sarcofagi di pietra con dentro scheletri di tre metri e bassi complessi di pietra che non sembrano servire a qualcosa.
Noi rimaniamo oggi con quesiti di difficile soluzione. E' evidente che, come sarebbe poi avvenuto a posteriori per gli altri popoli già citati che venivano in pellegrinaggio da lontani paesi, qualche motivo importante doveva aver indotto il misterioso popolo nero a fermarsi e a costruire la loro città ciclopica. Ma non possiamo immaginare cosa erano venuti a fare e che cosa cercavano....
Del resto proprio verso questo luogo sacro sembrava dirigersi la figura altrettanto mitica di Imma alla ricerca di coloro che avevano forgiato quella tcharga che aveva rivoluzionato la sua vita.
Caso strano o forse significativo, proprio nel triangolo in cui sarebbe sorta la città di Rama si trova il Musiné, la montagna che sembra segnare il punto di impatto della caduta del bolide celeste ricordata dalla tradizione ellenica attraverso il mito di Fetonte. Essa è oggi una montagna brulla e apparentemente anonima, dal colore rossiccio che tutti i torinesi possono vedere come un severo guardiano messo all' ingresso della valle.
Sormontata da una grande croce, fatta restaurare negli anni '60, dopo anni di abbandono, per merito dell' iniziativa di un gruppo culturale ,"Spazio 4", dell'area del Cerchio di Nuova Terra, la montagna in questione è la "primadonna" dello scenario esoterico piemontese.
Infatti, il Musiné sembra essere il centro di una serie di eventi misteriosi e straordinari. La montagna, e tutta la zona circostante, sembra essere il punto focale delle vecchie e delle nuove credenze. Le leggende popolari del posto, tuttora ancora vive, sembrano confermare miti ancora più antichi. Parlano di arcaiche confraternite di cultori del fuoco solare capaci di fondere i metalli. Tramandano la storia del carro di Erode che fugge in cielo dal centro della montagna e di cui molti valligiani giurano di aver sentito almeno una volta il suo frastuono mentre scivola verso le nuvole.
Molti ricercatori di varie tendenze e di differenti campi concordano nel fatto che il Musiné conterrebbe segreti di ogni genere. Esperti della storia valligiana affermano che all'interno della montagna esistono numerose caverne naturali dove i vari signori medievali avrebbero nascosto i loro tesori personali. Altri, studiosi del mistero, affermano che dentro la montagna si celerebbero grotte alchemiche popolate da maghi dai poteri straordinari, rifugi in cui sopravviverebbero ancora oggi i discendenti della mitica Atlantide e basi di astronavi extraterrestri per dare una loro spiegazione alle numerose osservazioni di oggetti celesti non identificati che si vedono spesso al di sopra della montagna stessa.
Da parte loro, molte scuole esoteriche considerano ancora oggi la zona della valle di Susa e del Musiné come un vero e proprio luogo sacro. Allo stesso modo come vengono considerati sacri altri posti del nostro pianeta: le colline nere e la Big Seated Mountain degli indiani d'America, la Ayers Rock degli aborigeni australiani, il monte Tai Shan dei popoli dell'estremo oriente.
Più propriamente è il Musiné ad essere considerato come una vera e propria montagna sacra, un vero e proprio ombelico del mondo, punto di unione tra cielo e terra da cui sarebbe uscito anticamente lo spirito dell'uomo. A questa montagna sacra viene anche dato l'attributo di Hamtà, porta dimensionale, attraverso la quale, come accade ad esempio all'interno del complesso megalitico degli Alignements di Carnac o di Stonehenge, gli uomini possono comunicare con più facilità con la dimensione invisibile della Matchka e con altri mondi abitati dell'universo.
E' un dato di fatto che il Musiné sia al centro di leggende e di testimonianze insolite che coprono un vasto arco storico e che rivelano un particolare carattere di mistero che giustifica la sua fama. All'epoca dell'impero romano si dice che una maga abitasse in una grotta nascosta nella montagna dove custodiva una reliquia di Fetonte. Nel tardo medioevo, un'altra leggenda della valle riporta che dei pastorelli, mentre cercavano una pecorella perdutasi sulle pendici del Musiné, si imbatterono in un vecchio dalla barba bianca che era uscito da una porta che si era aperta nella roccia. Porta che subito dopo si era richiusa e di cui nessuno aveva poi più trovato traccia. Un' altra leggenda dell'epoca riporta invece dell'esistenza di una profonda e segreta caverna nel cuore del Musiné dove viveva un vecchio mago; quando dei ladri vi penetrarono per rubare gli immensi tesori che vi erano custoditi il mago fuggì salendo su un carro di fuoco che sparì in cielo.
Un migliaio di anni prima all'altezza del Musiné, l'imperatore Costantino, prima della sua decisiva battaglia, aveva visto apparirgli in cielo una croce luminosa con la famosa scritta "in questo segno vincerai". Forse lo stesso oggetto, un cosiddetto UFO, che in tempi recenti, nel 1970, fu visto transitare da centinaia di testimoni nel cielo sopra la città di Torino, proveniente da est e diretto proprio verso il Musiné.
E' più che mai evidente che, al di sopra di ogni possibile interpretazione di parte, il Musiné sia effettivamente al centro di tutta una serie di leggende e di testimonianze che non possono lasciarci indifferenti e che potrebbero, al contrario, portarci alla scoperta di qualche cosa di assolutamente inaspettato e straordinario.
Non si può dare una spiegazione certa alle cause che portano il Musiné al ruolo di una montagna magica e misteriosa. Si può solamente prendere atto dell' incontestabile fascino che suscita in molti ambienti culturali della regione e dello stimolo che esercita su di essi nella spinta a ricerche e prospettive che sono poste al di là di ogni possibile consuetudine e convenzione storica.
Potrebbe essere interessante stabilire la misura e la sostanza di questo stimolo occulto, tanto forte da essere stato capace di alimentare una tradizione che è riuscita a non spegnersi per tante migliaia di anni.
Sarebbe curioso e altrettanto interessante riuscire a stabilire la natura dell' oggetto che cadde nella lontana preistoria e che fu in grado di lasciare un messaggio così vivo nei secoli a venire. Forse si potrebbe dare una spiegazione a molte cose su cui oggi ci interroghiamo, e entrare in contatto con il segreto che alimenta il mito che vuole la sacralità del nostro monte e che Torino sia una città magica per eccellenza.......
Ed è proprio da questi fatti e dalla loro matrice arcaica che scaturisce un desiderio profondo di stabilire e di riprendere un legame antico con la montagna sacra e con il mistero che essa esprime. Un desiderio che sollecita ad entrare nel cerchio sacro per trovare il luogo dove costruire la nuova opera del Cerchio di Nuova Terra.
Ed è in questi luoghi magici, che sono impregnati da eventi che hanno creato il senso della tradizione arcaica dello sciamanesimo solare, che dobbiamo cercare la terra adatta su cui costruire il Villaggio della meditazione.
Una dimensione più che mai adatta per edificare un faro nel buio dell'ovvietà che avvolge l'intero pianeta. Una dimensione che sembra attendere di essere rivitalizzata dall'energia interiore di chi intende ricostruire l'antico tempio dello spirito per tutta l'umanità. La realizzazione del nostro Villaggio all'interno di questa dimensione magica potrebbe prendere un significato preciso che porterebbe ad assumere una continuità ideale e un legame spirituale tra il nostro lavoro e il "Dream Time", da cui la meditazione ha origine e trova forza nella sua identità storica e metafisica.
Io e Rosalba insistiamo su questa possibilità poiché riteniamo che solo la scelta di un luogo situato nel cerchio sacro della montagna degli antichi dei può portare a realizzare una più specifica identità del Cerchio di Nuova Terra, che va oltre e completa la stessa idea di origine che ha voluto il Villaggio della Meditazione.
Per questo motivo invitiamo a pazientare nel comune entusiasmo e cercare il giusto obiettivo. Non possiamo accontentarci di giungere a costruire, per quanto possa essere di prestigio e efficente, solamente una struttura di tipo sociale e culturale. Se vogliamo dare un segno preciso al pianeta della nostra proposta, esso non deve possedere solo queste qualità strutturali, ma deve essere sopratutto di carattere spirituale. E questa, di entrare nella magia profonda del "Dream Time", non è una occasione da lasciar perdere. Certo non appare facile trovare sul territorio lo spazio utile, e non mancano di certo proposte alternative di terreni disponibili in altre aree geografiche del Piemonte che sono però senza significato. Accettare una di queste proposte ci porterebbe lontano dal cerchio sacro in cui vogliamo edificare il nostro Villaggio della meditazione e finiremmo per costruire una cosa che non avrebbe una identità completa. Non riusciremmo a realizzare una esperienza che sia tra scienza e spirito.
La "matchka" che tante volte ha vegliato benevola sulla sorte del nostro lavoro, come una amorevole provvidenza, non mancherà certamente di esaudire anche questo nostro sogno, consapevole del nostro entusiasmo, della nostra forza spirituale e sopratutto dei nostri intenti che sono diretti ad un aiuto a tutta l'umanità.

NEC news novembre 93