ESISTONO I "NATIVI" ANCHE IN EUROPA

Sorprendente tesi dell'ultima opera di G.Barbadoro e R.Nattero:
"I popoli Naturali e l'Ecospiritualità"


Per "nativi" (dall'inglese "natives") gli europei hanno sempre inteso, specie nel periodo delle cosiddette grandi esplorazioni geografiche e successivamente delle colonie, tutte quelle popolazioni, non bianche e considerate perlomeno un po' strane, con cui essi venivano via via in contatto ai quattro angoli del pianeta. Tra le infinite bizzarrie delle letterature delle potenze dominanti (tra cui il mito del "buon selvaggio" delle letterature francese ed inglese, e le disquisizioni dei gesuiti iberici attorno alla presenza o meno dell'anima presso i neri dell'Africa o gli Indios d'America), in una cosa gli europei avevano (inconsapevolmente) visto giusto: i cosiddetti nativi erano legati in modo singolare alla natura, sotto forme anche magiche di celebrazioni e riti, che facevano subito a pugni con le grandi religioni (specificatamente quella cristiana) che i missionari cercavano con ogni mezzo di inculcare loro. Il termine "nativo" va dunque ridefinito. Il legame con la natura è proprio la caratteristica che gli autori, considerando anche la componente celtica della cultura europea, ritengono comune in fondo a tutte le culture native del pianeta (non a solo appannaggio quindi dei celeberrimi Nativi americani od aborigeni australiani).
Si ha così l'impressione, leggendo il libro, che i Popoli naturali si trovino in realtà un po' ovunque sulla Terra, spesso confinati tra le pieghe della storia, ma non per questo meno presenti ed all'occorrenza combattivi, come nel caso degli Apache che rivendicano al governo americano (insieme con tutto un movimento internazionale) la loro montagna sacra (Mount Graham). A questo punto, ad apparire "un po' strani" sono semmai gli altri, quella parte dell'umanità dedita con tutte le proprie forze a nient'altro che all'accrescimento di beni materiali. L'opera ha un genuino respiro filosofico, di quelli che - ci sia concesso dire - non esistono più e che lasciano alla fine un'autentica carica di speranza. Si apre con una prefazione della stessa portavoce ufficiale del Consiglio Tribale degli Apache, Ola Cassadore, che sente per la prima volta parlare del progetto della costruzione dell'osservatorio astronomico su Mount Graham e, preso atto del dolore e delle lacrime degli anziani, decide all'istante di opporsi alla distruzione di quello che per loro è da sempre il luogo sacro di riferimento. Come se si progettasse di spianare un paio di palazzi vaticani, all'interno delle impenetrabili mura leonine, per farne un posto di accoglienza delle assise a cielo aperto degli indios! Ma - guarda caso - il centro di potere all'interno di quelle mura è proprio uno dei finanziatori, attraverso la Specola Vaticana, del progetto dell'osservatorio in questione in pieno territorio Apache.
Proprio l'ecospiritualità, il cui termine compare nel titolo, offre la base più dottrinale della trattazione, con riferimenti forti quali il mistero dell'esistenza e l'esperienza della meditazione. Il tutto da inquadrarsi a sua volta nel concetto di Shan (si pensi ad antiche lingue nordiche, da cui ad esempio le parole anglo-sassoni "sun" e "shine"), che affronta questioni ultime quali l'intuizione del mistero, il perchè ci sia qualcosa invece del nulla, che cosa ci fosse all'inizio e se ci sia stato un inizio, il Big Bang stesso e la comparsa della coscienza. Sotto l'egida, più terra terra ma non meno importante (visti i tempi), niente meno che l'ONU, che incoraggia i gruppi di lavoro l'iniziativa a favore di Mount Graham. Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero, entrambi scrittori e musicisti, fanno parte del Laboratorio Musicale del Graal, e sono Fondatori e ricercatori dell'Ecospirituality Foundation e Rappresentanti in Italia dell'Apache Survival Coalition.

Giuseppe Geuna

MONVISO, 8 Marzo 2003