Le leggende dello sciamanesimo druidico

Dal Libro "Il Cuore Antico, Tradizione dei Nativi europei tra Storia e Mito"
di G. Barbadoro e R.Nattero

Con il contributo narrativo delle Famiglie celtiche della Valle di Susa e delle valli di Lanzo.
Con l'apporto della traduzione delle tavole rinvenute tra i reperti della città di Rama gentilmente concesse in visione dal Dr. Mario Salomone



Il Potere del cerchio

All'inizio, quando le immense foreste coprivano tutta la terra, il drago antico aveva iniziato a danzarvi dentro creando le prime radure. Da dentro di esse si poteva guardare al cielo e a tutte le stelle che conteneva.
I suoi passi piegavano gli arbusti senza spezzarli dando forma alle radure come quella di un cerchio perfetto.
Il drago danzava stando al centro, ardente come il fuoco da cui era uscito. Danzando indicava le quattro direzioni che nascevano dal centro e che sacralizzavano la sua natura. Indicava quella da cui proveniva, quella in cui trovava la sua forza, quella che mostrava il suo dominio e quella dove iniziava l'infinito in cui poteva rispecchiare la sua immagine segreta.
Quando il nostro mondo ospitò gli antichi Dei essi accolsero i Progenitori nelle radure che il drago antico aveva disegnato dentro le immense foreste e al centro accesero il loro fuoco.
Fu qui che gli Iniziatori donarono la loro conoscenza ai Progenitori.
Fu qui che questi a loro volta crearono l'umanità e la resero libera.
Quando i Progenitori lasciarono il nostro mondo si volle ricordare la storia che era stata vissuta negli antichi tempi. Gli sciamani che avevano la conoscenza degli alberi delle foreste invitarono così a costruire i grandi cerchi che potessero dare testimonianza del dono ricevuto e delle grandi gesta vissute dagli Iniziatori e dai Progenitori.
Costruirono i cerchi dove il richiamo della Madre li invitava a sceglierli perché potessero contenere tutte le genti dei loro popoli quando giungeva il tempo prescelto di trovarsi.
Poi venne deciso di edificarli con le pietre al fine che non dovessero andare distrutti.
Gli sciamani, conoscitori dell'albero, indicarono che venissero raccolte le pietre nel numero corrispondente a quante volte veniva diviso il tempo da un sorgere all'altro del sole. Quindi le fecero erigere in modo che stessero in piedi per ricordare uomini posti in cerchio a guardare il centro, che non si vedeva ma che pur esisteva.
Ogni cerchio di pietre divenne così lo specchio del cielo e della terra dove si potevano leggere i percorsi delle stelle per dare inizio alle semine e ai raccolti e si potevano stabilire le shuda da celebrare lungo il percorso del sole di ogni anno.
I cerchi trattenevano il Potere della Madre e del cielo che veniva evocato ogni volta e, come le prime radure disegnate dal drago antico, ciascuno di loro apriva una Porta sui Mondi.
Ogni cerchio non fu più solo pietra ma divenne parte del corpo della Madre che si univa al cielo.
Sul centro di ogni cerchio si raccoglieva il Potere creatore di tutte le cose e lì transitava il tronco dell'albero dei mondi che unisce le profondità nascoste della terra alla luminosità del cielo.
Ogni volta che gli sciamani volevano evocare il loro Potere che nasceva dal legame con l'antica Madre e l'eterno cielo che l'aveva fecondata, ridisegnavano il cerchio e poi si ponevano sul suo centro.
Dal centro si rivolgevano a Nord per onorare gli Antichi che erano giunti dalla Grande Notte, per ricordare il loro Dono e per vitalizzare il Potere da donare a se stessi e a quanti erano nel cerchio.
Poi si rivolgevano ad Est per onorare la natura segreta del Sole che esce vittorioso sulla notte per dominare sul giorno, ricordando la luce della conoscenza che può governare sulle vicende del mondo.
Si rivolgevano a Sud per onorare la Terra avuta in dono dai Progenitori e rinnovare la forza necessaria per mantenerla fertile e sostenersi contro ogni nemico e pericolo.
Si rivolgevano infine a Ovest per onorare il Mistero che accompagna gli esseri viventi e che dà completamento e benessere alla loro esistenza. Per ricordare l'amore, la pace e la fratellanza che tutti possono condividere.
Così furono costruiti i grandi cerchi di pietra e con queste intenzioni vennero usati da tutte le generazioni che comparvero nel tempo.




Tah-ai e il dono della "Ruota degli hat"

Esisteva un tempo in cui il mondo era posseduto dai Signori del Buio. La Grande Luce non era ancora caduta dal cielo a portare la Gemma Verde e gli uomini non conoscevano la grande magia per scacciare i Signori.
Quando i Signori erano di buon umore, allora l'uomo trovava cibo e la raccolta era prospera. In quei giorni non aveva freddo perché il grosso occhio luminoso nel cielo mandava il suo sguardo di fuoco a scaldare la terra.
Ma quando i Signori erano adirati, allora non c'era un posto dove l'uomo potesse ripararsi dal freddo, né una preda da cacciare. I branchi distruggevano le dimore degli uomini e questi ultimi lottavano fra di loro per contendersi il cibo.
In quel tempo viveva Tah-Ai. Anche lei, come la sua gente, aveva paura dei Signori malvagi, ma la sua curiosità era più forte della paura. Di tutto era curiosa. Passava il tempo a guardarsi intorno, si chiedeva chi fossero i Signori e se mai esistessero Signori buoni. Si domandava se era vero quello che si diceva, che dietro l'orizzonte finiva il mondo e che chi vi si avventurava cadeva in un abisso senza fine. Si chiedeva perché il cielo piangeva quando l'occhio di fuoco se ne andava e perché l'acqua del fiume correva sempre senza poterla fermare. Ma soprattutto si impressionava ogni volta che vedeva il mondo tingersi tutto di nero come se un manto scuro scendesse dal cielo ad avvolgere lei a la sua dimora. E dietro il manto mille occhi luminosi la guardavano.
Quando la Grande Luce scese sulla terra, Tah-Ai pensò che erano arrivati i Signori Buoni. Ma ogni volta che si avvicinava, la luce la feriva agli occhi e doveva tornare indietro. Ancora tre lune dovettero passare prima che Tah-Ai potesse avvicinarsi.
Un giorno la sua costanza fu premiata: gli Immortali si accorsero di lei e le fecero dono di 22 pietre magiche con le quali poteva conoscere il linguaggio di tutte le cose del mondo. Da quel giorno Tah-Ai si divertì moltissimo a giocare con le pietre magiche e divenne molto abile nel fare cose mai viste. Poteva parlare con gli animali e con le cose, sapeva trovare l'erba della felicità e cambiare i colori del mondo. Da quel giorno i poteri di Tah-Ai divennero noti in tutto il villaggio ed ella diventò forte e potente.
Ma Tah-Ai non era soddisfatta. Voleva conoscere la grande magia delle pietre.
Allora tornò dagli Immortali per avere quello che cercava. E disse loro: "È molto grande il dono che mi avete fatto. Ora posso giocare e divertire la mia gente, posso conoscere i nomi delle cose e parlare con gli esseri diversi da me. Ma non mi basta. Il mondo è governato da Signori cattivi ed io voglio sconfiggerli. E voglio insegnare ai miei figli il modo per dominare il mondo".
Allora uno degli Immortali, il più vecchio, fece segno a Tah-Ai di sedersi di fronte a lui in mezzo al cerchio e le disse: "Tah-Ai, tu hai dimostrato di far buon uso delle 22 pietre magiche, e anche nella ricchezza e nella potenza hai saputo essere umile. Non ti sei persa nella prosperità. Per questo ora ti faccio dono del Sigillo di Spirito". E così dicendo le mise una mano sulla fronte. "Con esso la vita e la morte, il cielo e la terra non avranno per te più segreti. Potrai sconfiggere i malvagi e unirti ai giusti. E potrai farne dono a chi riterrai degno di riceverlo".
Tah-Ai sentì la fronte bruciare sotto la mano dell'Immortale, ed in quel momento vide intorno a sé tutto ciò che la circondava e che prima non vedeva.
Quando il vecchio tolse la mano, sulla fronte di Tah-Ai brillava una gemma verde.
Fu così che Tah-Ai poté vedere tutti i mondi che stavano intorno a lei, la sua potenza crebbe tanto, fu capace di comandare i venti e le piogge e allontanare le bestie feroci.
Finalmente vide i Signori nel loro vero aspetto e non ne ebbe più paura anzi provò pietà per loro. Con la gemma verde poteva parlare con i morti e con la sua potenza assicurare prosperità per tutta la sua gente.
Divenne il Maestro del villaggio e tutti andarono da lei per imparare a giocare con le 22 pietre magiche. Tah-Ai si rivelò ai suoi amici più attenti e portò anch'essi nel cerchio degli Immortali facendo loro dono della gemma verde.
E fu così che da quel giorno i Signori malvagi non osarono più comparire sulle terre di questo mondo perché ormai troppo grande era la potenza degli uomini.




La ruota forata

All'inizio c'era solo l'abisso primordiale che precipitava su se stesso, come una cascata fragorosa di un fiume ribollente e urlante che si rigenerava senza fine là da dove finiva.
Dalle nebbie dell'abisso ribollente nacque la terra.
Quando questa fu completa non era ancora abitata dall'uomo. C'erano le piante a coprire l'intera terra come una grande foresta. I progenitori non erano ancora comparsi. C'erano solo i terribili signori della notte, invincibili e dominatori di tutto ciò che aveva preso a vivere sulla terra.
Fu allora che il Drago primordiale vide le loro iniquità e decise di cancellare la loro presenza sulla terra. Gettò al suolo un grande masso di roccia schiacciandoli e così li cancellò per sempre dalla memoria.
Il suolo tremò e il cielo si oscurò. Quando la quiete ritornò sulla terra ammutolita il Drago si mise a creare i progenitori perché costoro potessero partecipare alla sua forza e al suo potere.
Creò i progenitori e visse tra di loro ospitandoli nella sua terra segreta come figli. Quando costoro furono in grado di camminare li condusse al luogo dove c'era la grande roccia. Ai piedi della pietra c'era l'albero che dava vita ai morti e faceva rinascere quelli che già erano nati.
La pietra era immensa e rotonda. Al centro c'era un grande foro, anch'esso rotondo, che l'attraversava per tutto il suo spessore.
Dentro al foro non c'era nulla. C'era solo il vento che l'attraversava con lo stesso fragore del fiume ribollente e urlante dell'abisso su cui si trovava appoggiata la Terra. Il Drago si pose al centro della roccia forata e disse ai progenitori: "Questo vuoto non è qui per caso. Esso rappresenta il riflesso opposto alla solidità della pietra che vedete adesso con i vostri occhi di sempre.
Ma se saprete guardare meglio, nel vuoto che è mostrato dalla roccia potrete leggere il segreto di tutte le cose e da dove viene e dove va il fiume primordiale su cui si sostiene la Terra. E questo sarà il segno del potere dei progenitori".
Il Drago aggiunse ancora: "Il mio posto non è su questa terra e sto per andare via. Prima però vi faccio dono di questa pietra che lascio per voi. Se imparerete a leggere la roccia lungo il suo bordo troverete i suoi ventidue angoli segreti che riveleranno come guardare questo vuoto e come giungere al centro che gli dà forma".
I progenitori ascoltarono e capirono che per poter leggere i segreti angoli della roccia dovevano imparare a tacere e a guardare. Così, dopo che il Drago li lasciò seguendo il cammino dove porta il sentiero dell'arcobaleno, andarono a sedersi all'ombra del grande albero che era nato tra il cielo e la terra per ottenere il Potere che era stato loro promesso.
Questa è la storia dei nostri progenitori.
Questa è la memoria che conserviamo dei tempi antichi.
Questa è l'inizio che fu dato alle nostre vite e a quelle che seguiranno ancora dopo di noi.




La danza del Drago

All'inizio del tempo c'era solo il vuoto. Esisteva l'abisso degli abissi, ribollente e senza fine del caos. Era incomprensibile, profondo e immenso e si perdeva nell'infinito che è all'origine del tutto.
Poi, un giorno, questo abisso si squarciò all'improvviso, e dentro ad esso si aprì una breccia e si formò una grande voragine.
E da questa voragine uscì fuori con un salto il Drago da cui ha origine la nostra esistenza.
Per prima cosa si rannicchiò su se stesso chiudendosi come l'uovo generatore, poi si alzò in piedi e si stese in tutta la sua altezza aprendo le braccia che diventarono gigantesche e possenti ali, dispiegandole in tutta la loro estensione. Lanciò il suo urlo verso il grande vuoto, tanto forte che risvegliò la vita che esso nascondeva.
Il Drago si fermò, immobile, per guardarsi intorno, muovendo solo la coda in segno di sfida e di determinazione.
Il suo sguardo era terribile. Era come un immenso serpente in stato di veglia, con lo sguardo acuto dei rapaci, ipnotico e pietrificante come quello dei rettili.
Guardava davanti a sé con intensità e fissità pronto a colpire, rapido e senza esitazione, ogni suo possibile nemico. Aveva l'acutezza della percezione, la costanza della vigilanza, aveva il potere di uccidere, ma aveva anche una conoscenza delle cose segrete che gli dava saggezza.
Il Drago era enorme e pieno di forza. Poteva volare nell'aria con le sue ali, poteva esplorare le inaccessibili grotte che scendevano nel cuore della Terra, poteva dimorare nelle acque e poteva eruttare il fuoco con il suo fiato.
E non lo si poteva neppure guardare a lungo perché la sua figura che era di fuoco, brillante e luminosa, faceva abbassare gli sguardi.
Poi il Drago portò le braccia sui fianchi sollevandole sino a serrare le mani sul petto per trovare tutta la forza di cui poteva disporre e accennò al suo primo passo di danza.
Dal suo fiato infuocato nacquero i primi dei. Li fece a sua somiglianza e trasfuse in loro l'amore per la vita, la forza e la conoscenza.
Perché essi potessero imparare ad essere dei e ad evocare il potere del Drago diede loro la ruota delle saz-hat. Dal sangue degli dei nascemmo infine noi. Da loro apprendemmo come diventare uomini e ci venne trasmesso il potere del Drago.




La leggenda di Fetonte

La leggenda narra che un Dio anticamente scese sulla Terra, in un luogo oggi conosciuto come la valle di Susa. Il suo aspetto era quello di un drago sapiente, fatto di fiamma, che danzava creando radure nell'erba.
La leggenda riporta che il Dio si pose all'interno di un cerchio di pietre che era stato costruito dai suoi due assistenti di metallo dorato. In questo cerchio di pietre insegnò agli uomini le scienze, l'agricoltura e soprattutto la conoscenza dello Shan che trasmise agli uomini attraverso l'Arte dell'Alchimia.
Quando venne il tempo di accomiatarsi dagli uomini costruì con il metallo del suo carro celeste una grande ruota d'oro, forata al centro, in cui era custodita tutta la conoscenza che lasciava in dono all'umanità.
Dopo che fu ritornato al cielo le sue reliquie e la grande ruota d'oro vennero raccolte dagli Ard-Rì, i suoi allievi, per essere custodite nel Tempio del fuoco, una grotta sulle falde della Montagna Sacra.
Intorno a questo tempio venne edificata la città di Rama. A più riprese eroi leggendari la ampliarono ed estesero la sua potenza a tutta le terre conosciute. Ma la sua grandezza era quella di custodire l'antica conoscenza, lo Shan, l'arcaico nome del Graal; una luce che si irradiò per tutta la Terra e fu la base del sapere dei Druidi del tempo.
La città di Rama era protetta da un grande Drago che interpretava le forze cosmiche dell'universo scaturite dal Vuoto primordiale. Il Drago insegnava ai cavalieri del tempo a lottare e a danzare nel vento e li introduceva alla conoscenza mistica dello Shan.
Il grande cerchio di pietre custodiva al suo interno il segreto dello Shan.
Venivano da ogni parte del mondo per vedere il grande cerchio di pietre e per conoscere il suo segreto.
Quando le acque si portarono via la civiltà madre, Rama rimase la sola a testimoniare l'antico potere del Drago. I millenni la cancellarono ma la conoscenza che custodiva è ancora viva nelle tradizioni di tutta la Terra.
Ancora oggi si narra che il cerchio di pietre esiste ma è invisibile e si mostra solo nella notte di Samain a chi sa cercare. In quella notte, tutti gli abitanti del posto, umani e non, visibili e non, si incontrano tra le eterne maestose pietre e celebrano il ritorno alla Terra ancestrale." /B>




La Città del Drago

Il giorno dell'arrivo del primo degli Dei la terra tremò per ogni dove e il cielo si incendiò illuminando ogni cosa. Accadde come se un drago uscisse dall'abisso dell'infinito, ardente del suo fuoco divino e danzante, guerriero e saggio, capace di risvegliare la vita.
Si presentò così, agli uomini che abitavano allora il nostro mondo, il Dio che si compiacque di scendere e di vivere tra di noi.
Quando vide la nostra povertà e la schiavitù a cui i Signori della notte ci avevano costretti, ci fece dono della ruota della conoscenza perché ci mostrasse l'eterno Shan in cui trovare fratellanza, libertà e sapere.
Costruì un grande cerchio di pietre e chiamò i Progenitori perché vi entrassero e prese a danzare con loro nel vento per varcare insieme la Porta di Luce.
Il potere della ruota fu tanto grande che diede vita ai primi Dei di cui oggi noi siamo la discendenza.
Grazie ad esso potemmo liberarci dal giogo dei crudeli Signori della notte che avevano dominato su di noi da sempre per poter finalmente disporre di noi stessi.
Quando venne il tempo, il carro celeste del primo degli Dei venne fuso in una grande ruota d'oro per lasciare testimonianza e ricordo della sua venuta sul nostro mondo.
Questa e le sue reliquie divine vennero raccolte in un inaccessibile tempio nascosto nella grande montagna che guardava alla pianura in cui era sceso.
Da qui uomini eroici per quel tempo andarono tra i popoli di allora a far conoscere il suo dono e poter costruire un nuovo mondo.
Intorno a questo tempio venne edificata una grande città, tanto immensa che si estendeva da una parte all'altra delle montagne sino al grande fiume che scorreva nella pianura distante.
Nel tempo essa venne ricordata attraverso le generazioni come la città del Drago, la città della ruota d'oro illuminata dai tre raggi del sole divino che mai tramonta.




La danza di Daliah o di Tah-ai

Daliah si era posta la domanda su che cosa fosse quel che vedeva di tutto il "terra-cielo", il "Tera-tah", il "posto incredibile" dove viveva.
Era certa che assomigliava ai posti che visitava in sogno.
Si chiese che posto potesse essere quello in cui viveva.
Aveva imparato che tutto aveva un inizio e una fine, che le cose nascevano e morivano.
Pensò dunque che anche il "cielo-terra" doveva essere nato dandole un posto dove vivere.
Ma poi si mise a pensare alla morte e si chiese che senso avesse nascere per poi morire.
Finì per avere in testa una gran confusione.
Poi un giorno allargò le saz-hat per vederle meglio tutte insieme e si rese conto di aver creato il profilo del sole, ma dall'emozione le rovesciò in terra.
Le raccolse e tentò di ricostruire il disegno che aveva scoperto per caso ma non ci riusciva più.
Allora tracciò due linee che si incrociavano per segnare un punto e intorno a questo cominciò a porre a identica distanza tutte le saz-hat.
Quando vide di nuovo il profilo del bordo del sole si rese conto di quanto fosse importante il punto che aveva preso a riferimento.
Senza il centro il cerchio non poteva esistere.
Si chiese se anche il "terra-cielo" avesse un centro su cui si sosteneva per avere la sua forma, nelle cose e nelle vicende che le dava da vivere.
Daliah pensò che se non diventava anche lei come il centro non avrebbe potuto capire se c'era davvero un centro per il "terra-cielo".
Daliah fece allora quel che aveva fatto per disegnare il profilo del sole e si mise a danzare portando i suoi passi verso i quattro punti della "terra-cielo" alzando entrambe le braccia e ponendo i palmi delle mani su ciascuna direzione per ricordare dov'erano.
Quando Daliah divenne il centro si estese ad abbracciare tutto il "terra-cielo" e si rese conto del buio da cui si elevava la luce del sole e da cui si distaccava la sua attenzione.
Quando divenne il centro comprese che Mat era il centro di tutto. Il "terra-cielo" esisteva intorno a lui. Daliah si pose allora la domanda su chi fosse e come fosse fatto Mat.
Non lo trovava uguale a quelli del suo clan. Incapaci di muovere montagne e fiumi anche se robusti e scaltri. Potevano dare la morte ma non erano capaci di riportare in vita i morti.
Pensò che fosse il tuono o il fuoco, ma neppure loro potevano aver costruito il "terra-cielo", né lei e i suoi compagni. Comprese che il cerchio non era eguale al centro e che per questo non avrebbe mai potuto trovare una immagine di Mat nel "terra-cielo".
Allora continuò a danzare senza più curarsi di trovare una inutile risposta.