La meditazione druidica


Lo Shan e la conoscenza

Nelle tradizioni sciamanico-druidiche del nord Europa, gli sciamani avevano un ruolo fondamentale: essi rappresentavano la manifestazione del mistero dell’esistenza.

Un antico graffito del Tassili, in Africa, mostra simbolgie simili a quelle
della "kelt platz" del druidismo.
Erano elementi catalizzatori che nel loro lavoro spirituale mantenevano aperta la porta sull’Invisibile.
Questi sciamani, che sono identificabili nei druidi, vedevano nella qualità immateriale dell'esistenza la sua natura reale e l'origine stessa di ogni cosa. Quella che essi definivano come Vuoto.
Non il vuoto meccanico che possiamo immaginarci in assenza di materia o il vuoto di valori morali, ma la dimensione che andava al di là di ogni possibile concetto e immaginazione umana.
Se nella Bibbia è descritto un Dio che nomina le cose una per una, dando significato specifico per ciascun oggetto o creatura vivente agli occhi dei primi uomini, nella concezione druidica dell'esistenza c'è la concezione di un'esistenza che si esprime in una realtà globale in cui ogni cosa è compresa e ne è parte, e che viene discriminata nello specifico, attraverso i nomi, solo per via della limitazione percettiva della mente umana.
Questa realtà, lo Shan, è lontana dalla comprensione ordinaria dell'individuo ed è accessibile solamente attraverso la "Visione", l'esperienza spirituale che trascende, sul piano umano, quella della mente e del corpo.
Una realtà che si esprime nella sua condizione di vuoto concettuale, identificabile in una forma di energia di cui conosciamo solamente il piano visibile in cui identifichiamo ordinariamente l'universo.


Il Potere interiore dello spirito

Nella concezione cosmologica del druidismo, l'individuo poteva accedere alla natura segreta dell'esistenza attraverso l'acquisizione del Potere entrando in sintonia con lo stesso mistero che la rappresenta. Un Potere che non significava il potenziamento del proprio ego né la sua affermazione sugli altri, ma, come presso i nativi nord-americani o nell'alchimia medievale, rappresentava il completamento evolutivo della natura interiore dell'individuo nel suo rapporto con il piano reale e significativo dell'esistenza.
Per giungere a questo Potere, il Nah-om, i druidi proponevano l'esperienza della meditazione come laboratorio personale di ogni individuo che voleva realizzarlo.
Nell'Alchimia questo Potere rappresentava la realizzazione della "Pietra filosofale" che portava l'iniziato a manigestare le proprietà della trplice corona del Saggio: il legame con l'eternità, la facoltà di dispensare benessere intorno a sè e la capacità di saper trasformare i metalli in oro senza cupidigia.
Attraverso l'esperienza della meditazione l'individuo poteva portarsi al contatto della natura del Vuoto e nella sua percezione di evidenza fenomenica poteva realizzare la sua sintonia esperienziale con il mistero profondo che esso manifesta. In tal modo giungeva a realizzare la qualità interiore del Potere che gli avrebbe permesso di condividere su un piano di trascendenza l’intima natura reale del Vuoto e di attingere alle sue proprietà creative in maniera illimitata.
Proprietà che gli avrebbero consentito di realizzare condizioni di benessere e di evoluzione spirituale per se stesso e per gli altri.


La meditazione antica

L'esperienza della meditazione non è una invenzione umana, ma non fa altro che ripetere archetipi esperienziali presenti in natura trasportandoli sul piano umano.
I druidi, osservatori della natura e dei suoi fenomeni, identificarono questo archetipo esperienziale e lo proposero come laboratorio alchemico in cui ognuno poteva sviluppare le proprie potenzialità spirituali e evolutive. Un’esperienza che poteva portare l'individuo a penetrare la conoscenza del mondo superiore, in cui si aprivano le fronde del magico albero della vita dell'Yggdrasil, per accedere alla dimora degli dei celesti.
La tradizione nordica prevedeva per l'esecuzione dell'esperienza della meditazione varie forme di postura.

La "keltic platz", l'antica postura tramandata nei millenni, conosciuta all'epoca del mito della città di Rama.
La postura classica era quella detta della "keltic platz", la postura celtica assunta dal dio Cernunno dove la posizione del corpo assumeva antiche e immutate forme tramandate nel tempo attraverso i millenni.
Tra le varie forme di postura c'era anche una posizione in piedi, la stodhur, in cui il meditante assumeva una postura corporea che imitava la struttura delle singole Rune. Questa forma di meditazione si lega particolarmente al significato metafisico e magico delle Rune e il meditante viene preparato al suo viaggio tra i tre mondi della cosmologia nordica.
Il meditante deve conoscere approfonditamente il significato di ogni Runa e deve essere in grado di poter trasferire questo significato sui proprii piani di coscienza interiore. Deve essere in grado di usare simbolicamente il burin, lo strumento sacro utilizzato per incidere le Rune, al fine di fissare con il proprio impegno e con la propria creatività coerente il significato della Runa interpretata di volta in volta nel corso della meditazione.
Nella meditazione egli deve essere in grado di scrivere il significato della Runa, interpretata con la propria concentrazione secondo il giusto senso di scrittura con cui vengono tracciate le stesse Rune. Nella cultura dei popoli norreni, i druidi consigliavano il meditante di assumere la posizione corrispondente alla runa Tir, in piedi con le braccia discostate sui fianchi.
Posizione utilizzata nella meditazione anche da alcune tradizioni dei nativi nord-americani che ancora oggi la eseguono posti di fronte al sole o, di notte, alla luna.
Era usata anche la postura corrispondente alla Runa Eolh, legata alla figura del sacro candeliere a tre braccia o dell'albero della vita, dove secondo il mito Odino si immolò per conquistare il segreto delle Rune. Una posizione conosciuta, oltre che dai nativi nord-americani, anche presso le culture dei popoli indo-europei.
Una ulteriore forma di meditazione con le Rune era rappresentata dalla meditazione eseguita sul simbolo esterno al meditante. In questo caso veniva estratta una Runa a sorte dal sacchetto posizionato su un tavolino tra due ceri accesi. Il meditante, in ginocchio seduto sui talloni, si concentrava sull'immagine della Runa sino ad assorbirne il significato e ad identificarsi con le sue proprietà spirituali che lo liberavano così dalla limitazione del corpo e della mente per consentirgli di accedere al piano spirituale, in contatto con la natura del Vuoto.


Meditare con la "keltic platz"

Per la meditazione antica i druidi suggerivano una precisa prassi di esecuzione.
Il meditante veniva invitato ad eseguirla all'esterno, nel silenzio, in uno spazio immerso nella natura. Era scelta la notte, attuando l'esperienza sotto le stelle. Il meditante veniva invitato a rivolgersi solitamente ad est verso la parte dove sorgeva il sole. Assumeva quindi, se conduceva l'esperienza in piedi, la posizione relativa alla Runa prescelta.

La "keltic platz"
Il suo compito iniziale era quello di ascoltare in silenzio le pulsioni delle sue voci interiori e poi quelle esteriori della natura immersa nella notte. Era invitato a farlo sino a rendersi conto della loro tangibilità al di fuori di ogni scontatezza percettiva, sino a quando non vedeva con chiarezza i suoi sentimenti e la presenza dell'universo nella sua immediatezza. Ed era allora che entrava in comunione con il mistero che manifestava l'universo e si rendeva conto della dimensione che stava per penetrare con la sua esperienza meditativa.
Il meditante poneva il corpo in uno stato rilassato, ma mantenendo la sua attenzione vigile e cosciente su quanto stava operando.
L'esercizio richiedeva una respirazione calma, profonda e regolare. Doveva chiudere gli occhi e sopprimere le immagini viste intorno a sé. Ed era allora che la percezione del corpo svaniva.
Poi il meditante si concentrava sullo sviluppo arboreo dell'Yggdrasil, lo visualizzava trattenendone l'immagine davanti a sé, sino a quando non vedeva scomparire i suoi pensieri.
A questo punto procedeva all'invocazione di un nome di dio usando la visualizzazione delle Rune corrispondenti. Una prassi che ritroviamo ancora oggi viva e largamente usata nella meditazione esicasta dei monaci ortodossi che nel loro esercizio di respirazione invocano all'infinito il nome del Cristo.
Il meditante era pronto quindi ad entrare in sintonia con il mistero dell'esistenza, entrare nella comprensione della natura reale e trascendente dello Shan e della Causa Prima, l'Oiw, che si cela in esso.
Poco alla volta entrava a far parte di questo mistero e acquisiva così il Potere che gli derivava da tale esperienza. Il Potere acquisito, come era nelle credenze sciamaniche dei nativi nord-americani, lo portava a muoversi liberamente lungo il tronco dell'Yggdrasil, l'Albero cosmico della vita.
Con l'acquisizione del Potere, il meditante poteva realizzare stati di coscienza che lo avrebbero portato alla conoscenza del mondo superiore, di quello di mezzo e di quello inferiore. Poteva interpretare i segni che caratterizzavano i suoi giorni e che gli avrebbero consentito di realizzare il proprio divenire secondo i suoi bisogni.
Poteva usare le immense facoltà creative del Potere per se stesso e per gli altri, canalizzandole nella creatività personale, nella capacità terapeutica e nelle azioni del suo quotidiano. Un quotidiano che perdeva l'illusione della sua soggettività poichè a seguito dell'esperienza del meditante si trovava ad essere percepito come parte dell'invisibile, in una realtà trascendente che solo lui poteva percepire e vivere.


La meditazione e la musica druidica

Gli antichi druidi utilizzavano anche il supporto della musica per portare a stati percettivi di coscienza superiori.
Venivano usato allo scopo il suono del flauto, dell'arpa, dei tamburi e di particolari xilofoni in pietra. Spesso era usata anche anche la voce modulata e intesa con la funzionalità di uno strumento musicale.
La musica dell'antico sciamanesimo druidico secondo la tradizione possiede delle proprietà intrinseche che sono in grado di aiutare il meditante nella sua pratica, guidandolo alla facile esecuzione della sua esperienza di benessere senza dover sottostare all'impegno e ai non piacevoli imprevisti che il training

Lo sciamano "kokopelli" della tradizione nativa apache assumeva la stessa funzione dei bardi dell'antico druidismo.
didattico comporta. Si sa come la musica agisca sul cervello, trasmettendo valori emotivi attraverso la codificazione della melodia. Il compositore traduce le proprie emozioni e intuizioni interiori in una logica esecutiva, rappresentata dal linguaggio delle note sul pentagramma.
Abbiamo un esempio dell'azione della musica sul cervello nella musicoterapia, applicata di consuetudine già da molti anni in centri specializzati per la cura delle malattie mentali e psicosomatiche. In questo caso vengono usati brani di musica classica e moderna accuratamente scelti per lo scopo: musica rilassante per i nevrotici e musica eccitante per gli astenici. Una sorta di "chiodo scaccia chiodo" come recita il detto popolare. Si sostituisce alla condizione emotiva, fonte del disturbo, una provocazione emotiva alternativa. E' indubbiamente un buon tentativo, ma non risolve alla radice il problema che ha scatenato la patologia, la quale, prima o poi, si ripresenterà nuovamente.
La musica dell'antico sciamanesimo druidico è tutt'altra cosa e non va confusa per alcun motivo con le proprietà della musica ordinaria. Anche la prima agisce sullo stesso principio, ma al contrario di quest'ultima, non opera su una base emotiva.
Questa musica è costruita su una logica particolare che racchiude l'espressione archetipale della natura del Vuoto, ovvero della dimensione reale della nostra esistenza quale è percepibile sul piano dell'oggettività dei fenomeni cosmici. Un modello armonico dell'esistenza che è presentato da questa musica nei suoi molteplici aspetti, una sorta di simbologia musicale costituita da uno schema matematico-fonico della realtà che è opera della conoscenza dell'antica tradizione druidica.
Secondo le credenze antiche dei druidi la musica del Vuoto agisce come una sorta di agopuntura virtuale sul cervello sollecitandolo al ripristino della percezione della realtà posta al di là delle soggetivazioni sensoriali e culturali. Essa permette la percezione di un modello armonico che, quando raggiunge il cervello

Una meditazione con l'aiuto dell'arpa.
sotto forma di espressione musicale, è in grado di stimolare automaticamente e in forma naturale l'armonia e l'evoluzione dell'individuo. Dapprima sollecita il rilassamento del corpo, poi opera una distensione spontanea della tensione mentale, producendo quindi l'occasione dello stabilirsi di superiori stati percettivi di coscienza nella dimensione di un Io non più gravato dai problemi del corpo e della mente.
Ancora oggi è possibile sperimentare le facoltà di questa particolare musica. Non occorre un lungo tempo di applicazione per realizzare un benessere personale a mezzo della musica del Vuoto. E' sufficiente sedersi in postura, senza avere fretta né aspettative, quindi disporsi all'ascolto della musica. La sua struttura archetipale particolare si offrirà al cervello come una sorta di riferimento di base sul quale il cervello stesso andrà a confrontarsi per armonizzarsi nelle carenze patologiche in atto. Un meccanismo semplice e naturale che non richiede nient'altro che la volontà di recuperare il proprio giusto benessere.
E' cosa nota che la musica provochi determinate reazioni nel cervello, che possono essere uno stimolo alla quiete o all'aggressività. Essa può indurre a stati immaginativi o evocativi, è in grado di influire sul metabolismo, sul cuore e sulla respirazione, e gli studi condotti in questo campo hanno riscontrato i suoi effetti anche sulle specie animali e vegetali.
Nel caso della musica del Vuoto il suo apporto è di natura differente dalla musica che ci è più consueta: essa infatti non produce effetti di ordine emotivo come può fare la musica ordinaria, ma stimola il cervello ad un'esperienza reale. La musica del Vuoto non ha lo scopo di creare un piacere estetico per una gratificazione della mente, e non è neanche un oggetto su cui allenare la propria capacità di concentrazione, ma piuttosto essa opera in maniera attiva sul cervello trasmettendogli un messaggio archetipale che stimoli le sue naturali capacità evolutive.
La musica del Vuoto è una sorta di riferimento armonico che fa da specchio al cervello perchè possa lavorare in modo idoneo, manda l'informazione all'Io reale affinchè abbandoni i processi mentali per liberarsi nella natura del Vuoto. Per raggiungere questo obiettivo inibisce la produzione di pensieri o disturbi emotivi che impediscono all'Io reale il suo sviluppo sui piani coscienziali del trascendente.


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